Discografia

I nostri album
IL PRODIGIO DI BETLEMME

Volendo allargare la sua indagine etnomusicologica a tutti i momenti dell’anno contadino, in questo disco la Brigata Corale 3 Laghi ricostruisce il Prodigio di Betlemme così come un tempo era vissuto nelle nostre campagne. Il racconto, intensamente drammatico nei contenuti, sempre vibrante di commozione, nasce e prende corpo dal sapiente accostamento di un numero discreto di lezioni popolari ereditate dal mondo pastorale. Ripercorre fedelmente i passi del Vangelo, fissandosi con concretezza di immagini sugli episodi fondamentali dell’Avvento: il viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme, la nascita del Bambino, l’annuncio ai pastori, l’adorazione dei Magi. Per la densità di emozioni che suscita e per il linguaggio familiare che lo anima, il Natale della Brigata mantovana è lontanissimo dalla pomposità e dallo sfarzo ostentati con eccessiva magnificenza dalla società moderna. Germina infatti nella realtà contadina preindustrale e trasmette, con toccante emozione, le tensioni e l’angoscia dell’uomo dei campi nell’attesa e nella contemplazione della Natività. Si nutre senza sosta di tradizioni e di usanze antiche, respirando a pieni polmoni il prezioso distillato della sapienza popolare. Attraverso simbolismi di facile lettura, esalta la cultura di una terra pregnante di mistico fervore religioso. In definitiva, il Natale della 3 Laghi altro non è che il dettato semplice di un mondo che considera l’Evento di Betlemme come un fatto ordinario della sua cronaca quotidiana. Non potrebbe essere diversamente. Una donna di nome Maria, tra le fatiche e i patimenti, arriva al tormentato travaglio; la consola e la protegge per comandamento divino un contadino di nome Giuseppe; il parto avviene in una fredda ed umile grotta ritrovata per amore di un pastore di nome Gerlindo; il Bambino nasce nel fieno di una greppia, tra un bue e un asinello. In questo presepio miracoloso, ogni personaggio interpreta un canovaccio ben noto nella storia contadina di ogni tempo. Gesù, Giuseppe e Maria, nell’incantato scenario della Santa Notte, sono i rappresentanti emblematici di una società povera e disperata, ma capace di infinito amore e pronta a raccogliersi devotamente attorno ad ogni suo figlio che nasce. La festa dei pastori e la loro accorata adorazione ne sono autentica testimonianza. Il Natale della Brigata è, ancora, la voce più espressiva della gente contadina che ritrova dignità nel contesto di un mondo che la emargina, ed esulta vittoriosa nel giorno dell’Epifania quando i potenti Re d’Oriente si prostrano umilmente ai piedi del Redentore. Questo è il Natale cantato dalla Brigata Corale 3 Laghi: nasce dal popolo come ricordo, preghiera e speranza, tocca i vertici più alti della pietà cristiana attraverso una esaltazione mistica e un afflato poetico sempre emozionanti. Come sarà accolta dalla pubblica opinione quest’ultima fatica del coro mantovano? La domanda è insidiosa e la risposta difficile. Anche se nel mondo di oggi si vede spesso interrotto il dialogo tra terra e Cielo e tra uomo e uomo, molti nutrono ancora il bisogno di un ritorno alle radici per ritrovare quei sentimenti – carità, solidarietà, fratellanza – che stanno via via sbiadendo nella memoria collettiva. Per costoro l’opera proposta sarà di aiuto per affrontare serenamente quel momento magico dell’anno che è il Natale, quando Gesù, tra laudi e pastorali, torna a portare luce e speranza ai cristiani. D’atra parte, nella realtà contemporanea, proiettata culturalmente ad opporre alla fede la razionalità della scienza, si vede sempre più spesso il povero presepio risplendere ricchissimo tra gli ori e le pietre preziose nelle vetrine dei gioiellieri, o ergersi olezzante tra le colonie e le essenze odorose nei negozi dei profumieri. Il dubbio che la gente non voglia più riassaporare il Natale antico, nemmeno attraverso la voce calda e suadente di un Coro, resta forte. Prof. Giancarlo Gozzi

Un cammino musicale durato trent’anni ha portato la Brigata Corale 3 Laghi alla presentazione di quest’ultimo lavoro: Il prodigio di Betlemme, un’edizione interamente dedicata al patrimonio musicale popolare per il tempo di Natale che raccoglie le lezioni da noi scoperte strada facendo. E’ una testimonianza unica che racchiude in sé, nel procedere fedele secondo il racconto evangelico, il sentimento semplice e profondo della gente dei campi nell’accostarsi al mistero del Natale. Quello stesso sentimento che ci ha pervaso nel decidere di fissare su disco questo repertorio che si è sempre più arricchito col passare degli anni. A conclusione di questa “fatica” mi sembra opportuno ringraziare chi ha reso possibile tutto questo, innanzitutto ricordando Luigi Guernelli, primo direttore del Coro, che con sensibilità e impegno ci ha spronato a raccogliere ed armonizzare questi canti e, con lui, tutti quelli che, passati dalla Brigata, ci hanno lasciato: a loro questo disco è dedicato. AI nostro armonizzatore fraterno padre Terenzio Zardini che ci ha regalato pagine di note difficili e suggestive e a tutti gli altri Maestri che hanno contribuito a rendere questi canti, nati da cuori semplici, armonie nobili e complesse. In particolare un grazie và a Bepi de Marzi per aver voluto dedicare alla memoria di Luigi L’è şa nat, in segno di ricordo e stima alla sua testimonianza nel canto popolare. Un grazie di cuore ad Angelo Agazzani sempre molto vicino alla Brigata nel suo impegno in campo etnomusicologico. Lascio per ultimo, perché mi sia permesso di evidenziare meglio, Gianni Malatesta, che ci ha regalato per questo disco non solo le sue armonizzazioni, ma anche i suoi preziosi consigli, la sua valente opera di fonico, e soprattutto, la sua disinteressata stima ed amicizia. Alla parrocchia di Cerese (MN) che ha messo a disposizione la sua Casa per questa registrazione. Un ultimo ringraziamento, permettetemelo, và a tutti noi: al nostro maestro Emanuele Mazzola che, con professionalità e pazienza ci ha portato a questo traguardo, al nostro impegno e alle sere trascorse in prove e concerti che hanno portato a quel risultato che tutti voi potete apprezzare. il presidente Maurizio Giovanelli

IL PRODIGIO DI BETLEMME

Registrazione effettuata dal vivo presso la Chiesa di Cristo Redentore dell’Uomo in Cerese (MN) nel periodo di Natale 1999 ad opera dell’amico e Maestro Gianni Malatesta di Padova

In copertina: “Falò dell’Epifania” di Giancarlo Gozzi

Maria e San Giuseppe si partivano
Col bue, l’asinello e un po’ di fieno.
La strada era lunga e faticosa
Maria dalla stanchezza ne pativa.
“Maria, si seve stanca, riposeve,
che io vado in città a cercare alloggio”.
“L’alloggio non l’ho trovato, pazienza santa,
noi dormirem quaggiù sotto una pianta”.
“Noi dormirem quaggiù, cielo sereno,
per compagnia avremo il Re del Cielo”.
“Mangii mangii, Vergin Maria
mangii, mangii fin quand vorrii”.
Quand fu stada innanzi on tocco
la Madòna la g’ha sogn:

“Andèmm, andèmm, Vergin Maria
‘na quaj gabanna la trovarèmm”.
Quand fu stada innanzi on tocco
la gabanna l’hann trovada.
“Dormii dormii, Vergin Maria
dormii dormii fin quand vorii”.
Quand fu stàa la mezzanotte
l’è nassùu un bel bambin
bìanc e ross e rizzolìn.
“Cito cito, fa la nanna,
fa la nanna in la gabanna; per adèss in Bethléemm,
a cà nostra poeu andarèmm”.

Arivati a la capanna
madre Maria si lamentò
e la dis al so amato sposo
mi son stanca ‘d caminar
Quand fu stata meza note
madre Maria si risvegliò
si svegliò con gran splendore
l’era nat al Salvator.
Varda Maria il tuo figliolino
nat e nüd in mes al fen.
La si leva di testa il velo
per coprire il Re del Ciel.
I angiolin fasea alegria
al divino salvator
I cantava “in acesis dei”
i cantava di buon cuor.

Gesù bambin l’è nato
L’è nato a Betlem
è sopra un po’ di paglia,
è sopra un po’ di fien.
E sopra un po’ di fien
e j’è ‘I bambin ch’a piora
soa mama ch’a l’adora
l’è sopra un po’ di fien.
A’s sent ‘na vos ènt l’aire
as sent evnÌ cantar:
l’è san Giusep, so pare
lo pija ‘nt so brass.
E canta la cansson:
“ Dalin, dalin, dalèna”
Gloria in excelsis Deo tüt a l’onor dl’Anfant.

L’è şa nat il Bambinello
ne la terra di Betlem
par ‘I fred il Poverello
aş ripara dentr ‘Ifen
San Giusepe vecchierello
al la varda con pietà
‘I ciama il bue e l’asinello
per poterlo riscaldar
E Maria Madre santa
le la pians e con pasiun
la so nina nana canta
e l’agh dà consolasiun. Per la Brigata Corale 3 Laghi 1995 . nel ricordo di Luigi vostro Bepi

Venite adoriamo il nato Bambino
il Figlio Divino per noi s’incarnò.
Sorgete, pastori, che al pari del giorno
coi raggi d’intorno la notte spuntò.
O candida notte che i giorni fai lieti
già pria dai profeti di te si parlò.
O notte in cui nacque il Verbo del Padre
Che Vergine Madre in seno portò.

Lieti pastori venite a la capanna
e sentirete cantare gloria e osanna.
Solleciti, solleciti
venite con amore
In ciel vedrete lucente una stella
che mai si vide
al mondo la più bella
Solleciti, solleciti
venite con amore
Voi troverete giacere sopra il fieno
quel che ha creato il ciel vago e sereno.
Solleciti, solleciti
venite con amore

Su correte miei pastori su venite in Betleem!
Stanotte a mezzanotte è nato un bel Bambin,
stanotte a mezzanotte è nato Gesù.
Sul fieno e sulla paglia e niente di più.
E vennero i pastori ad adorare il Messia
e vennero i pastori ad adorare Gesù.
Tra il bue e l’asinello e niente di più.
Su correte miei pastori su venite in Betleem!

Alla fredda tua capanna noi veniamo a giubilar;
e con gli angeli la nanna pien d’ardore a te cantar.
Notte di stelle notte d’amore
tu sei più vaga del prato in fior.
Dormi, dormi mio caro Bambino,
dormi, dormi o fanciullo divino.
Com’è bella la tua cuna o Bambino mio tesor,
mentre le stelle, ad una ad una danno luce al tuo bel cor.
Notte di stelle notte d’amore
tu sei più vaga del prato in fior.
Dormi, dormi mio caro Bambino,
dormi, dormi o fanciullo divino: veglia il tuo cor, veglia il tuo cor.

O felice, cara notte
di che luce sei feconda
dell’aurora più gioconda
più ridente del mattino
Veh, che schiere di festanti
giocondissimi angioletti
van cantando sopra i tetti
di quell’umil casolar.
Che dolcissimi concenti
Suonan sopra la capanna
gloria al ciel osanna osanna
pace all’uom s’ode cantar.

L’è nat in una stala Gesù Bambin
aturan ghè so mama, e di angilin.
Questa la nina nana, la nina nana pr’al Bambin Gesù
AI varda vers’al ciel ch’lè ilüminà;
brila na noa stèla: l’è al so ben,
l’è al so ben.
Gh’è ‘n pastorel ch’al cor con ‘n’agnilin,
al segue la cometa ch’l’è lì vicino
AI son de le campane che ne la not le fa din don din dan.
A l’è tüta ‘na festa in tera e in ciel:
tüti i la voI vedar al Bambinel,
al Bambinel Alla mia sempre “valorosa” 3 Laghi fr. Terenzio Zardini S. Bernardino 18 dicembre 1987

Tu scendi dalle stelle o Re del Cielo
e vieni in una grotta al freddo e al gelo.
O Bambino mio divino io ti vedo qui a tremar.
O Bambino mio divino io ti voglio sempre amar.
A te che sei del mondo il Creatore
or mancan panni e fuoco o mio Signore
Caro eletto pargoletto
perché tanta povertà
più m’innamora
poiché ti fece amor, povero ancora.

I tre re de l’oriente
quando intesero la nuova
ch’era nato il Re potente,
non sapevan dove fosse
e si misero in cammino
per trovare il Re bambino.
Una stella su nel cielo
che faceva un gran splendore
tra la notte, il freddo, il gelo
per trovare il Signore
nel più fondo dell’inverno
per trovare il Verbo eterno. (per gentile concessione del Coro Valsella)

In questa Santa Notte dell’oriente
si ricompare una lucente stella.
I tre Re Magi di continuamente
dodici giorni seguitando quella.
Senza sapere l’un dell’altro niente
si ritrovarono in una strada i bella.
In una strada i bella e signoria
se ne andarono tutti in compagnia.
E quando furono giunti alla capanna
La stella si fermò sopra di loro.
E Gaspare, Melchiorre e Baldassarre
s’inginocchiarono in terra ad adorare.
Ad adorare il Bimbo con Maria
arrivederci a st’altra Epifania.
Se st’altra Epifania non ci vediamo
in terra santa pace vi lasciamo.

CURRICULUM della BRIGATA CORALE 3 LAGHI

La Brigata Corale 3 Laghi di Mantova è società corale dal 1971. Da sempre ha rivolto il suo interesse principale alla valorizzazione del patrimonio etnomusicologico della sua terra e ha contribuito a non far disperdere i canti della civiltà contadina. Le antiche lezioni, raccolte dalla viva voce della gente dei campi, sono state rielaborate da docenti di Conservatorio (prevalentemente dal M° Terenzio Zardini) o da Maestri di Coro (Malatesta, Agazzani, De Marzi, Vacchi, ecc.); ora fanno parte del programma concertistico della Brigata. Con le stesse lezioni sono state realizzate alcune incisioni discografiche, talora anche accompagnate da note etnomusicologiche.
La Brigata Corale 3 Laghi, praticamente presente con concerti e Rassegne su tutto il territorio nazionale, è stata invitata più volte in tournée all’estero; Nevers, Vitrè, Lione, Praga, Budapest, Cracovia, Berlino, Weingarten, Charleville, Malta, Lugano, Vienna, Kladno-Wölkermarkt, ecc.
Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive sulle reti nazionali (Rai 1 e Rai 3) e sulle reti private. Dell’ attività della Brigata si sono interessati quotidiani nazionali e riviste specialistiche del settore.
Ha affrontato anche Concorsi di Canto Corale sempre con buoni consensi di pubblico e di critica: con il 3° posto al Concorso di Vittorio Veneto e con le segnalazioni speciali di Adria e di Verona (Concorso Internazionale), vanta il 1° posto al Concorso AMICI DELLA MONTAGNA di Genova. Ha vinto anche il premio “STELLA AL MERITO DELL’ORDINE DEL CARDO”.
Dopo la scomparsa del M° fondatore Luigi Guernelli, la Brigata mantovana è diretta dal M° Emanuele Mazzola.

ARLECCHINO

25° di fondazione dell'Ordine del Cardo per la Spiritualità Alpina

La mia malga
Preghiera

 

TESTIMONIANZE POPOLARI

TESTI

…Cantare in coro può sembrare una delle tante «passionacce» favorite dal tempo libero. Cantare, come ora cantano gli amici della «Brigata» mantovana, oltre ad essere un fatto amicale, diventa fatto di cultura. Ed è ciò di cui oggi maggiormente necessitiamo. (Angelo Agazzani)

…Da quando ascolto cori, non ho mai sentito niente di più nuovo e musicalmente perfetto: nuovo, perchè non è una delle tante imitazioni eccitate del cosidetto canto di montagna; musicalmente perfetto, perchè finalmente si è coinvolti nella profonda meditazione dello spazio quotidiano, espresso in suoni e racconti, come in un continuo reinventare la vita nel tempo, che ogni sera finisce. (Bepi De Marzi)

…Che un coro rivolga la sua attività anche alla ricerca ed all’ espressione dei canti della propria. terra è un fatto altamente pregevole e merita l’incondizionato elogio di tutti noi, patiti del canto nato dal popolo. E’ da augurarsi che tante corali seguano l’esempio della Brigata Corale 3 Laghi, in modo da arginare il processo di dispersione dei nostri bellissimi canti popolari. (Silvio Pedrotti)

LATO A

1. VILLOTTE (ric. ed arm. N. Montanari) canti popolari friulani
a -Dutis, dutis filin lane
b Serenata: E’l gial a’l chante
c -E jo ti amavi …
d -Vin plui bon
2. AM VÖI MARIDAR (trascr. R. Dionisi) canto popolare raccolto nel mantovano
3. LA PERNETE (elab. T. Zardini) canto popolare del XV secolo originario dal Forez (Francia)
4. NINA-NANA (elab. T. Zardini) canto popolare raccolto nel mantovano
5. L’UVA FOGARINA (elab. T. Zardini) canto popolare lombardo

LATO B

1. IL GRILLO (trascr. T. Zardini) canto popolare raccolto nel mantovano
2. J’ABBRUZZU (arm. L. Leali) canto popolare abruzzese
3. CRAPA PELADA (trascr. R. Rossi) canto popolare milanese
4. PINOTA (trascr. T. Zardini) canto popolare raccolto nel mantovano
5. L’INVITO RESPINTO (trascr. A. Agazzani) canto popolare piemontese
6. LES PLAISIRS SONT DOUX (arm. R. Rossi) canto popolare valdostano (La bergère des Aravis)
7. O TERESA (rielab. L. Guernelli) canto popolare raccolto nel mantovano

Friuli – Con la frottola e la villanella, la villotta è uno dei generi canori più antichi della tradizione popolare. Composizione particolarmente poetica, di genuina caratterizzazione popolare, essa ha subìto influssi diversi a seconda del territorio di provenienza. Tipica quella friulana, nella quale è predominante il tema amoroso (Dutis, dutis fìlin lane -Serenata: e’I gial a’l chante -E jo ti amavi. …), ma dove si possono trovare anche esempi di goliardica allegria (Vin plui bon).
DUTlS, DUTIS FìLIN LANE

Dutis, dutis fìlin lane e no me jo che fìli lin. Dutis, dutis si marìdin e ancje jo chest san Martin.
SERENATA: E ‘L GIAL A ‘L CHANTE

E ‘II giàl a ‘I chante e cri che ‘I dì mandi, ninine, voi a dormì.
« E JO TI AMAVI…»

E jo ti amavi di picinine, e quand tu vévis sièt vot àins. E ma cumò jo ti ami plui che mai.
VIN PLUI BON

Vin plui bon di chest nò-nd’è bon al è si la fè. Cà mezz litro, «un par me», poi’ qualchi villotta insieme ciantarìn.

Lombardia – Il canto popolare italiano è ricco di motivi, nei quali il, tema è la disputa tra madre e figlia circa la scelta del tempo delle nozze o del pretendente più indicato. La conclusione della disputa è molto spesso il desiderio della figlia di farsi monaca di fronte ai dinieghi della madre; non è il caso di questa versione, nella quale, evidentemente, la madre riesce a convincere la figlia circa l’effettiva fama di traditori dei suoi tre pretendenti.
Nota in altre regioni (Trentino: «Mama cara mi vòi maritare»), questa versione è stata raccolta in Mantova ed ha la particolarità che i pretendenti, «alla presenza» della figlia, sono diventati di «bella presenza». Mama, mama, am vöi maridar. Am vöi maridar s’at füsi contenta: g’ho tri morós bela presensa. Figlia mia, dimmi chi è; figlia mia, dimmi chi è i to tri morós bela presensa. Mama, mama, te lo dirò: ün l’è ‘I fornèr, l’altar ‘I spisièr e c’l’altar l’è ‘I fioel dal segretari. Figlia mia, non li sposar! l-è tüti tri dla compagnia di traditor, Nineta mia! Mama, mama, chi hai mai tradì? Mama, mama, chi hai mai tradì i me tri morós bela presensa? Figlia mia, te lo dirò: lor i-ha tradì prima la Rosina, po’ l’Angilina. Bela presensa! ! !

Francia – Le sue origini sono state stabilite nel XV sec. come tempo e nella regione del Forez come territorio. Della vicenda in esso narrata, tragico-amorosa, vengono qui proposte alcune strofe, nelle quali una giovane, novella Penelope, in paziente attesa dell’innamorato, occupa il suo tempo a tessere.
La Pernete se lève trois heurs avant le jour. Prenant sa quenouillette avec son petit tour. A chaque tour qui vire fait un soupire d’amour.

Lombardia – Non vi è regione italiana, nella quale non si riscontri una « Ninna –nanna » in veste del tutto singolare. In riferimento alla presente, non si ha notizia di altre versioni simili e, pertanto, è da ritenere tipica del territorio mantovano, dove appunto è stata raccolta (Mantova).
Nina nana, nina nana, dormi, o bimbo, e fa la nana, fa la nana, fa lò lò.
AI gatìn vicin al föch s’indormensa poch a poch; in dia cüna dirinpèt (nella culla di fronte) dòrom placid on pütlet. (dorme … un bambino) Fa la nona ‘n pisolìn intant ch’la veglia ‘I so pütin. (bambino) Nina nana, nina nana, dormi, o bimbo, e fa la nana, fa la nana, fa lò lò. E in di-ombre chiete e fide pasa on angelo e soride. Nina nana, nina nana, dormi, o bimbo, e fa la nana, fa la nana, fa lò lò

Lombardia – Originario della zona di confine tra le province di Mantova e Cremona, questo motivo è probabilmente il risultato di un’involontaria contaminazione tra due canti: quello che vuol essere un inno alla vendemmia e quello che ha per argomento il tema della donna fannullona. Data la pochezza del testo, il canto è stato reso in parte ad imitazione di fanfara.
E com’è bella l’uva fogarina, e com’è bello saperla vendemmiar e far l’amor con la mia bella e far I‘amore in mezzo al prà. Filar la ‘n vöi filar, cusìr non la sa far, i! sol de la campagna la dis ch’al ghe fa mal. Teresina inbriagona, poca voja ‘d laorar; la s’è tolta ‘na vestaglia la gh’l’ha ‘ncora da pagar. E com’è bella l’uva fogarina, e com’è bello saperla vendemmiar e far l’amor con la mia bella e far l’amore in mezzo al prà.

Lombardia – Raccolto in Mantova, questo antico canto, presumibilmente del XVII sec., si incontra nella tradizione popolare di molte regioni italiane («De piscenin che l’era» nel milanese, «II maritino» in Piemonte, … ). Nella caricatura di un uomo di bassa statura, in questa versione si fa riferimento al grillo, in quanto con tale termine viene indicata la persona piccola nel dialetto mantovano. Questo grillo, poi, è stranamente addobbato con «la piuma sul capel», probabile contaminazione da «‘L grileto e la formicola».

Povero grillo, ch’l’era tanto bel quand al portava la piüma in sal capel! ‘Na scüciarada da calsina (cucchiaiata di calce) al s’è fat la so caslina; (casetta) con cal poch ch’a gh’è restà al s’è fat ‘I so porslìn. (porcile)
Con ‘na fója d’erba spagna al s’è fat la so gabàna; (cappotto) con cal poch ch’a gh’è restà al s’è fat ‘n barcioldìn. (berrettino) Con ‘na gücia dispontàda (ago spuntato) al s’è fat ‘na bela spada; con cal poch ch’a gh’è restà al s’è fat ‘n ronchinìn. (falcetto)
Tantìrolon, tantìrolon, tant l’era picinin!
Con on gran ‘d formentón lu gh’n’ha a sè par ‘na stagion; con cal poch ch’a gh’è restà’ al s’è fat ‘n polentin.
Con on gran d’üa basgàna (qualità d’uva) lü ‘I beveva par ‘na smàna; (settimana) con cal poch ch’a gh’è restà al s’è fat ‘I sugolìn. (dolce a base di mosto)
Tantìrolon, tantìrolon, tant l’era picinin!
Povero grillo, ch’l’era tanto bel quand al portava la piüma in sal capel!

Abruzzo – Motivo inneggiante all’incredibile bellezza di una montagna, il Gran Sasso, e dell’ambiente naturale che la circonda. Il canto, pur se di autore, è entrato a far parte della tradizione canora abruzzese, essendo riuscito a trasmettere l’incanto di un mondo pastorale di antiche tradizioni, ferme nel tempo.
Su’ sajjtu à ju Gran Sassu so’ remastu ammutulito, me parea che passu passu ji’ sajesse a j’infinitu!
Po’ so jitu a la Maiella, la montagna tutta ‘n fiore; quant’è bella, quant’è bella: pare fatta pe’ l’amore!
Che silenzio, quanta pace, che malìa la ciaramella! Ju pastore guarda e tace, pe’ ju Diu de la Maiella; ju pastore veja e tace pe’ ju Diu de la Maiella.

Lombardia – Canto antichissimo della tradizione lombarda, in particolare milanese, ha per argomento una disputa tra fratelli per futili motivi culinari. Sembra, tra l’altro, che la protagonista, Crapa Pelada, si atteggiasse ad essere la fidanzata del celebre pittore Caravaggio.
Crapa pelada la fà i tortei ghe ne dà minga ai so fradei; i so fradei han fàt la laciada ghe ne dàn minga a Crapa Pelada.

Lombardia – E’ una versione del noto «Convegno notturno» riportato dal Nigra, raccolta nel mantovano. Canto molto antico e diffuso in molte regioni italiane, le sue molteplici versioni differiscono e per la melodia e per le diverse conclusioni, alle quali perviene il «Convegno notturno». Nel presente caso, non si ha alcuna precisazione riguardo agli sviluppi dell’incontro amoroso.
O Pinota, bella Pinota, una grazia vorrei da te
Dimmi, dimmi, che grazia vuoi? « una notte dormir con te ».
Vieni, vieni, all’undici ore, quando mamma e papà non c’è.
L’undici ore son già suonate, o Pinota, vieni ad aprir.
Sono scalza e in camiciola, dammi il tempo da rivestir.

Piemonte – Di origine tra il XVII e il XVIII secolo, il canto narra dei convegni amorosi che avevano luogo a Savigliano, presso Torino, tra le guardie di Madama Reale (Cristina di Francia) e le damigelle piemontesi.
A son le goardie di Madama van fé l’amor a Saviglian. Van a fé l’amor con le damisele grassiose e bele, tant bele man!
Pijé voi bela stò zòlì bochetò tutò ligheto d’òr e d’arzan.
« Ah! le mie man a na son tant bianche l’òr e l’arzan a je sporcheran! »

Valdaosta – Di probabile origine provenzale, il canto tratta l’argomento amoroso in modo piuttosto originale: la corte di un cavaliere ad una pastorella già innamorata ed il consiglio di costui affinchè ella ne approfitti mentre è giovane. Nel canto tuttavia figurano anche passi di amore più tradizionale, com’è per le due strofe, che vengono proposte.
Les plaisirs sont doux d’etre près de vous, la belle. Je soupire à vos genoux, je brûle d’amour pour vous!
Les plaisirs sont doux, demoiselle, d’etre près de vous!
Peut on voir les yeux sans être amoureux, la belle. Ils sont doux et gracieux, ils sont tous remplis de feu! Peut on voir les yeux, demoiselle, sans être amoureux.

Lombardia – Canto noto in altre regioni dell’Italia settentrionale, è stato raccolto in questa versione in provincia di Mantova, nel goitese. Come in molti altri motivi popolari, anche in questo ricorre il tema della donna vagabonda, che, al lavoro nei campi, preferisce ricamare fazzoletti per il suo innamorato.
Se tu fossi una regina ti vorrei incoronare, ma tu sei ‘na contadina: va in campagna a lavorare.
In campagna non ci vado perchè il sole mi fa male; mi ritiro in cameretta a cucire e ricamare.
A cucire e ricamare fazzoletti del mio amore, ch’è arrivato ieri sera con la corsa del vapore.

1. G’HO ‘NA SORELA IN FRANCIA
2. MALEDISCO LA PRIMA PIETRA
3. ROSETA AT SÈ PRAN BELA
4. LA BARBIERA
5. IL MAGNANO

1. SUL PONT DI LÀ DI MANTOA
2. FÈ LE NANE
3. L’È LA FIGLIA DEL PAISAN
4. MAMA MIA MINEM IN CESA
5. LA PIÙ BELA L’È LA LOMBARDIA

INSIEME PER RICORDARE

Il Canto Popolare è il frutto spontaneo della cultura e della creatività delle generazioni passate, delle antiche comunità contadine della nostra terra. E’ nato nei campi, nelle aie, nelle stalle, accompagnando il lavoro, le fatiche, le ansie e le tribolazioni della gente, così come i momenti di gioia e di intima allegrezza. Ed è stato pazientemente tramandato a noi, da padre in figlio, perché ne conservassimo l’essenza più pura, perché imparassimo a goderne l’ebbrezza in un processo interiore coinvolgente orecchio, cuore e cervello.
Oggi, purtroppo, in queste testimonianze non codificate dalla cultura ufficiale, in queste visioni poetiche così intensamente umane e passionali, pochi sanno ancora cogliere quel magnifico sapore d’antico, quell’alito di freschezza e di genuinità che sempre accompagna i prodotti più autentici della realtà popolare. Allora, perché non tutto vada perduto di questo immenso patrimonio ereditato dalla vecchia civiltà contadina, aiutiamo il Canto Popolare a sopravvivere in questo mondo che gravita sulla precarietà e sull’indifferenza, unendoci insieme per ricordare e per far ricordare.   Giancarlo Gozzi – Mantova 1985

RICORDANZE MANTOVANE

10 CANTI POPOLARI RACCOLTI IN TERRITORIO MANTOVANO DALLA BRIGATA CORALE TRE LAGHI

Direttore: Luigi Guernelli

Hanno collaborato con la Brigata 3 Laghi gli armonizzatori Angelo Agazzani, Bepi De Marzi, Renato Dionisi, Giordano Fermi, Luigi Guernelli, Lino Leali, Renzo Leasi, Nunzio Montanari, Camillo Moser, Vigilio Piubeni, Rinaldo Rossi, Terenzio Zardini

Ha pubblicato dischi
1975 DAL MINCIO AL PO (LP)
1980 TESTIMONIANZE POPOLARI (LP)
1981 LA TOR DAL SUCAR
(45 mix special) e alcuni 45 giri di minor importanza. Ha inoltre edito un album di partiture allegato al primo LP

Sono stati ospiti della Brigata 3 Laghi in concerti o rassegne i seguenti Cori:
CAI di Bologna
CAI di Padova
CAI-UGET di Torino
CAMERATA CORALE LA GRANGIA di Torino
CASTEL di Sanguinetto
CRODAIOLI di Arzignano
CROZ CORONA di Denno
FAITA di Gavardo
L. PEROSI di Fiumicello
PAULLI di Cremona
SASSO ROSSO di Val di Sole
S.A.T. di Trento
SCALIGERO DELL’ALPE di Verona
T.L. DE VICTORIA di Castelfranco Emilia
TRE CIME di Abbiategrasso
TRE PINI di Padova
VALSELLA di Borgo Valsugana
VOCI DAL MONDO di Milano

la Brigata Corale 3 Laghi si è fermata per fare i conti della sua vita. Una pausa veloce, quasi per tirare fiato dopo tante energie spese a tenere alto il suo nome. Aprendo il mobile-santuario che raccoglie le sue memorie, ha riportato alla luce documenti storici e fatti di verità ormai dimenticati, ha ripreso conoscenza delle varie pubblicazioni discografiche che nell‘ultimo scorcio del ‘900 avevano annunciato la sua presenza e il suo peso nel mondo del Canto Popolare italiano. E, come succede sfogliando un vecchio album di fotografie ingiallite dal tempo, non sono mancati i batticuori e le forti commozioni. Nessun consta, rivisitando un passato artistico bello e pregnante, ha saputo evitare stati d’animo dominati dalla nostalgia. Ma agli occhi di tutti l’operazione è parsa opportuna, coraggiosa, conveniente, produttiva.
Opportuna per ricomporre l’immagine vivida dei tanti compagni, oggi non più presenti, che con intelligente partecipazione hanno dato lustro al sodalizio. Coraggiosa in quanto ha permesso di prendere coscienza dell’ opera diligente e preziosa svolta da Luigi Guernelli, nostro fondatore e amato direttore fino al 1996. Conveniente alla Brigata Corale di oggi per studiare e capire suoni, stilemi, forme espressive che hanno governato il suo canto, a volte in modo prestigioso, nelle stagioni passate. Produttiva, infine, perché da essa è germinato un progetto singolare oltre che celebrativo.
Ed è questo: un nuovo CD formato da brani presi direttamente da vecchie edizioni discografiche (Testimonianze Popolari, 1980; Ricordanze Mantovane, 1985; La terra la gente le stagioni, 1991; Il Prodigio di Betlemme, 1999) e da lezioni inedite mai messe su disco. L’idea è maturata e il progetto si è realizzato portando un contributo a nostro avviso notevole al libro Canti Popolari Mantovani, perla letteraria della 3 Laghi di recentissima pubblicazione. La nuova collana, alla pari di quelle che l’hanno preceduta, raccoglie le storie popolari di sempre, quelle cioè che tracciano a tutto tondo il ritratto della civiltà contadina evidenziandone la religiosità, l’amore, le fatiche sulla terra, l’anima culturale. Storie di vita e di costume, dunque, scelte ed accostate opportunamente per raccontare La terra la gente le stagioni nell’evolversi ciclico del tempo calendariale che va da un San Martino all’altro. Ne ripercorriamo velocemente i contenuti.
“Ai Sant tabàr e guant” recita la gnomica popolare. Ai primi segni del freddo il contadino apre le porte della stalla e inaugura il filò, tempo sacro nel mondo pastorale per il trasferimento orale della sapienza dai vecchi ai giovani. Il canto, con le fole, i proverbi, ha un peso determinante nell’acculturazione di una società senza scuola e senza alfabeto. Le cantilene, le nenie (Ninne nanne mantovane) al di là della funzione primaria che ben conosciamo, per prime svolgono un ruolo educativo importantissimo: la mamma insegna al pargolo che culla le prime parole, dolci e buone, in quella lingua che gli sarà compagna tutta la vita. Ma a tenere alta l’attenzione dell’ assemblea radunata al fianco degli animali sono più che altro i canti narrativi, le ballate, i canti sociali. L’Ingleşa (l’eroina uccide il crudele cavaliere per vendicare l’onore di tante disgraziate sedotte e portate alla morte dal perfido ingannatore), I tri tanbür (il tamburino sfida coraggiosamente l’imperatore che, credendolo privo di ricchezze, non gli concede la mano della principessa), sono due delle tante ballate raccolte nella sua terra dalla Brigata mantovana in trent’ anni di ricerca sul campo. Sono lezioni di alto pregio poetico-musicale, dense di significati e di insegnamenti.

a bella posta modellato sul ritmo della ninna nanna dalla mamma preoccupata di comunicare al figlioletto ancora in fasce la triste qualità di vita del salariato, oltre che l’irriverenza e la cattiveria dei padroni. Il filò invernale, con più famiglie riunite nella corsia della stalla, favorisce una promiscuità in cui sono inevitabili i corteggiamenti e le rivalità amorose tra i due sessi. I giovani hanno qui l’occasione propizia per trovare l’anima gemella, proprio come dice Teofilo Folengo: “Filozzi vadunt rustici quando reperiunt et alloquuntur suas morosas”. I fiori e i rispetti, esempi freschissimi della lirica popolare, segnano l’amoreggiare e lo scambio dei sentimenti tra i morosi che hanno il cuore in pazza fibrillazione; i canti evidenziano invece il difficile compito della madri volte soprattutto ad indirizzare le figlie verso l’unione più sicura sul piano morale e meno rischiosa dal punto di vista patrimoniale. Su questi concetti si sviluppano narrativamente D’un stùdentìn (La scelta felice) e Am vòi maridàr, due efficaci testimonianze del dialogo, in forma di apparente “contrasto”, che nasce tra l’esperta educatrice e la giovane figliola, troppo innamorata quest’ultima e per niente disponibile ad ascoltare la voce di chi vorrebbe prudentemente guidarla. L’autunno è anche tempo di matrimoni: “Par San Martìn do teste e ‘n cosìn”. Tra le tante canzoni che inneggiano al rituale, a volte inserendovisi in forma drammatica, nelle campagne gira la lezione tragicomica Cos’ ha magnà la spoşa, un componimento che descrive le prime sere di matrimonio di una sposina tracciandone senza riserve di colpi e in modo irriverente (caso rarissimo nella letteratura popolare) gli attributi meno poetici e più materiali. La poveretta è tanto avida di cibo da dimenticare presto le fresche gioie dei doveri coniugali per soddisfare gli stimoli di un appetito insaziabile. Arrivando la sesta sera, mentre un lugubre suono di campane a morto si accompagna al funebre dies ire, l’ingorda dama rende l’anima al cielo: il suo ventre esplode fragorosamente non più reggendo al peso delle pantagrueliche abbuffate.
Con il Natale alle porte, il Prodigio di Betlemme consiglia alle comunità contadine rituali e costumanze di atavica memoria. Si anima il presepio e i canti, distillato semplice e genuino del mistico fervore popolare, confermano i momenti salienti della venuta del Salvatore, indugiando lungamente nella descrizione dell’umile ambiente in cui Gesù ha scelto di nascere. Andem, andem Vergin Maria e L’è şa nat raccontano appunto le fatiche di Maria prossima al parto, la scelta della modestissima grotta che accoglierà il magico evento, la collocazione del Bambino nella mangiatoia dove il freddo è rotto appena dal fiato del bue e dell’ asinello: fatti dichiarati dal Vangelo, esaltati dalla voce della pia tradizione popolare che arriva al tripudio nel giorno dell’Epifania quando i Re d’Oriente si prostrano in preghiera ai piedi del Redentore (La Santa Notte).

Il mondo contadino partecipa in modo appassionato al momento magico che segna lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo anno agricolo. Seguendo l’antico aforisma semel in anno licet insanire, l’uomo dei campi si abbandona a chiassose baldorie, a riunioni conviviali marcate da episodi di sfrenata allegria. Il tutto per esorcizzare carestie, malattie, epidemie e calamità naturali, per propiziare abbondanza e buoni raccolti. Il canto che traduce questa atmosfera orgiastica si fa sboccato nelle sedute all’osteria, diventa burlesco nel mondo piccino (Il grillo, Crapa Pelàda), tocca i limiti del grottesco e del paradossale nelle lezioni inneggianti al matrimonio che, per la pazza festosità del momento, non può che essere “ridicolo” sia nelle immagini che nelle figure. L’ültìm dì de Carneval e Biròc al và, tengono banco nel filò animato in questo periodo dalla presenza esilarante dei cantastorie e dei contastorie.
Con la penitenziale Quaresima ritorna il buon senso e la saggezza. La Chiesa predica dal pulpito il memento mori e consiglia alle comunità contadine la moderazione, il digiuno, l’astinenza, la recita del rosario e degli inni di pentimento, i canti della Passione per affrontare la Pasqua con animo purificato. Dalla croce Gesù pende, sulla croce Gesù muore … , è la nenia lacrimevole che si leva al cielo nella Bassa Padana dove tutto è pronto ormai per la grande Domenica dell’Uovo.
La primavera, annunciata dal volo degli aquiloni che guizzano nella brezza leggera in eterna gara con le rondini arrivate dal sud, ripropone l’inizio della fatica contadina: i campi benedetti nel rituale delle Rogazioni, invitano l’uomo a controllare le sue energie in vista di un impegno stressante e problematico. L’allevamento del baco da seta è il primo lavoro stagionale a portare nuovo ossigeno alle ormai misere condizioni economiche della famiglia. Nelle filande tornano i canti delle filandaie, storie d’amore e di lavoro, ma spesso anche di protesta e di denuncia: In filanda si sottolineano con accento severo le inquietanti attenzioni dei sorveglianti e dei direttori che esercitano il loro forte potere come strumento di seduzione.
Nelle corti e nei borghi tornano a presentarsi gli ambulanti stagionali, pittoreschi personaggi che si offrono a buon mercato e con indiscussa professionalità nella nobile mansione di stagnini, di arrotini, di spazzacamini, di ombrellai, ecc. La tradizione popolare li presenta come corteggiatori di chiara fama e sempre pronti ad offrire alla maliziosa raşdora anche “servizi” di altro tipo. Ma, come succede nel nostro Magnano, il destino di questi dongiovanni improvvisati è scontato: per loro è già pronto il bastone del padrone di casa.

affrontando un’avventura lunga quaranta giorni, cattiva ed esasperante non solo per la fatica nella risaia ma anche per l’alimentazione, scarsa, ripetitiva e igienicamente intollerabile. Questo è l’inizio del canto che più d’ogni altro testimonia a caratteri grandi la dura esperienza sopportata dalla giovane mondariso: “O cara mama vienimi incontra che ho tante cose da raccontare, che nel parlare mi fan tremare, la brutta vita che ho passà”. Non bastano i pochi soldi e il sacco di riso guadagnati per farle dimenticare un tormento che l’ha segnata profondamente nell’animo e nel corpo: solo il sostegno della madre può ridarle la serenità che si è spenta sul suo viso.
L’estate arriva mostrando all‘uomo dei campi i frutti copiosi della sua opera agricola. Tornano i canti che alleviano la fatica della mietitura, della battitura, della vendemmia e della scartocciatura: cantando il duol si disacerba. Canti d’amore tendenti a risvegliare l’impulso amatorio dei lavoranti stremati dal cocente solleone; canti che permettono alle timide forosette di scherzare con il corteggiatore, di provocarlo e di tentarlo recitando il falso ruolo dell’ingannatrice (Lassù nel mio giardino). Ma quando l’amore stenta a presentarsi, il canto si fa triste, accorato, melodrammatico fino a snodarsi sull’aria di un commovente pianto (Marcellina).
E’ il tempo dei filò sull’aia o davanti all’uscio di casa, nella pace della sera sotto il cielo mirabilmente stellato. Con le fole, i proverbi e le canzoni della tradizione i vecchi riprendono il filo del discorso abbandonato nel corso dei lavori agricoli: i giovani li ascoltano e imparano. Le ballate restano sempre i motivi di maggior fascino nell’attento uditorio per i casi tragici, pietosi e tristi che formano la loro materia: arrivano facilmente al cuore e fanno meditare. Con il drammatico ballo in cui Nineta bèla manifesta simbolicamente l’odio per i genitori che l’hanno abbandonata alla sorte avversa, si chiude un racconto iniziato per testimoniare la fede della gente dei campi nella continuità della vita, nel suo ripetersi tra morte e resurrezione da un San Martino all’altro. Il freddo è alle porte e la stalla è già pronta per il nuovo filò.
Giancarlo Gozzi, Marzo 2012

LA TERRA LA GENTE LE STAGIONI

Nel proprio Statuto la Brigata si diede uno scopo: “ … la riscoperta e la valorizzazione dei canti tradizionali del Mantovano.” Non fu facile, nei primi tempi, ottemperare a questo impegno soprattutto per la difficoltà di reperire testimonianze sul territorio. Ricordo che uno dei nostri primi Presidenti azzardò persino l’ipotesi che la vita nelle campagne mantovane, grasse e fertili di prodotti agricoli, non fosse abbastanza grama da suscitare di quei canti tradizionali che in altre zone erano stati utile strumento per dimenticare le tribolazioni. Gli anni successivi dimostrarono quanto quell’ardita tesi fosse azzardata: ritrovarono, infatti, la voce una moltitudine di cante che nella nostra terra forse non trovarono i natali ma certamente il terreno adatto per attecchire, modificarsi ed acquisire cittadinanza.
Ora, al compimento dei quarant’anni, guardandoci alla spalle, ci soffermiamo un attimo ad osservare il cammino percorso per renderci conto che, sebbene la fase di ricerca sia ormai prossima al termine, ancora molto resta da fare in quella della divulgazione di quanto raccolto: tutto il nostro lavoro sarebbe sterile se le testimonianze ricevute dalla gente, alla gente non tornassero.
Ci si guarda indietro, è vero, ma solo per darci maggior spinta verso un futuro ancora da scrivere ma che non potrà prescindere dal nostro passato.
La terra la gente le stagioni è un compendio di quanto la Brigata fatto nei suoi primi quarant’anni per onorare la propria terra; è anche un percorso nella sua memoria, nella sua vita e nelle sue stagioni in cui delusioni e slanci, difficoltà e successi, accese discussioni ed indiscussa amicizia ne hanno formato il carattere; è soprattutto un tributo a chi con lei ha cantato, collaborato, tribolato e messo in comune una piccola, o grande, parte della propria vita.
La terra la gente le stagioni è infine un ringraziamento a chi ci ha diretto con competenza, infinita pazienza e grande passione permettendoci di progredire nel nostro cammino, dall’indimenticabile Luigi Guernelli, co-fondatore e vero padre della Brigata, a Emanuele Mazzola che seppe darci nuovi stimoli e proporci ambiziosi obiettivi, al giovanissimo Giovanni Pavesi che tra i suoi molti impegni seppe porre la Brigata al primo posto ed a Simone Morandi che da poco ci guida con perizia ed energia, senza dimenticare i nostri coristi Vasco Furgeri e Maurizio Giovanelli che con commovente disponibilità hanno traghettato la Brigata nei momenti in cui l’approdo rischiava di sparire nelle nebbie delle difficoltà.
Un ringraziamento particolare a Bruno Benedini che ha offerto la sua opera per registrare, praticamente dal vivo, i canti inediti presenti sul CD.
Andrea Carenza

FACCIATA A

1. LA TOR DAL SUCAR
2. IL LAMENTO DI ROSINA
3. LA FERA DAL PALIDAN
4. SERENATA SUL PO
5. LA BELA LA VA AL FOSO
6. L’INGLESA

FACCIATA B

7. CAL BEL GRONBIALIN
8. GLI SCARIOLANTI
9. LA BUGADA
10. LA GH’AVEVA DU BEJ … OCION
11. SERENADA
12. COS’HA MAGNA LA SPOSA

DAL MINCIO AL PO

LA TERRA LA GENTE LE TRADIZIONI

Indagando con spirito critico nel mondo popolare, ha conosciuto e ha imparato ad amare la voce, la saggezza, i sentimenti della gente dei campi: gente umile e povera, spesso frustrata nelle speranze e nelle attese, ma ugualmente fiera delle sue tradizioni e decisa di fronte alla sorte avversa e alle calamità della natura.
In questa indagine l’analisi dei Canti Popolari assume importanza fondamentale per la lettura e l’acquisizione in chiave estetico-storica dei costumi del passato. Ninne nanne, ballate, canti d’amore, contrasti, canti burleschi diventano fertile terreno nel quale ricercare con successo le radici di una cultura autentica acquisita nel corso di tanti secoli e oggi purtroppo travolta e messa a tacere dalla civiltà delle macchine.
Il Canto Popolare, inteso non come lezione sterile e inutile, ma determinante nella sua funzione specifica di nutrire il futuro, può far rivivere il sapore di quel mondo elementare, senza razzi siderali, senza sottintesi e senza rimorsi, nel quale gli uomini davvero amavano la terra e osservavano religiosamente usi e tradizioni che arricchivano l’esistenza quotidiana, liberando gli animi dalle ansie e dalle paure e sviluppando un senso di fiducia nel futuro.
Quest’ultima fatica della Brigata Corale 3 Laghi è nata dunque col proposito di presentare alcuni canti di una collana ben più ampia, riportata alla luce in terra mantovana, grazie alla collaborazione di informatori nella cui memoria è archiviata una cultura straordinaria fatta di lezioni popolari, proverbi, sentenze e insegnamenti di vita. Il contributo di questi canti, sul piano dello sviluppo delle conoscenze della civiltà preindustriale, è particolarmente significativo. Quindi il loro messaggio è giustificatamente emozionante. Aiutano infatti a capire i segni e i colori dell’antico folklore mantovano; portano il fruitore attento a tuffarsi nella realtà genuina e buona della sua terra, con un tuffo capace di procurare un’ondata di ricordi non ancora del tutto svaniti; offrono l’occasione di riflettere sul simbolismo, non sempre limpido e trasparente, presente nelle lezioni. Non è superfluo spendere una parola a beneficio dei contenuti e dei personaggi che animano i canti, ricordando che ogni vicenda può trovare giustificato interesse solo in chi sappia trasferirsi mentalmente nell’ambiente umano e naturale dei tempi passati, dove il canto serviva a riconciliare gli animi ad una pacata accettazione dalla realtà, aveva funzione esorcizzante e purificatrice, era elemento inalienabile nei tre momenti essenziali dell’esistenza umana: nascita, matrimonio, morte.

I fatti vengono narrati con sobrietà di linguaggio, mantenendo lontane le espressioni volgari e licenziose. Anche da quella suprema libertà che è l’esplosione dell’amore, la tradizione popolare si guarda con pudore, in rispettoso ossequio di canoni che hanno radici secolari nella terra mantovana. Le tematiche della collana sono varie e interessanti sul piano dell’indagine etnologica. Un trittico di ninna nanne mi sembra trovi giusta collocazione in una raccolta dove il tema dell’amore è dominante ed è trattato con ampio cromatismo.
Seducenti, sotto il profilo letterario e musicale, le molte ballate presenti: l’Inglesa, Cecilia, Donna Lombarda, La figlia del paisan, ecc. pietre miliari della drammatica popolare, rappresentano le testimonianze della cultura orale più significative e di maggior pregio poetico.
Nei canti sul lavoro, In filanda serve a mettere l’accento sulla capacità da parte di certe lezioni di documentare fatti e memorie che aiutano a seguire e interpretare l’evoluzione socio-economico-umana delle classi contadine. Cos’ha magnà sposa, infine, nel suo particolare svolgimento iterativo, è da collocare tra le testimonianze popolari più arcaiche. Negli ultimi duecento anni, il processo di trasmissione e di localizzazione operato dalla gente ne ha profondamente toccato i caratteri e i contorni, arricchendone il testo di elementi grotteschi, deformandone il nucleo archetipico a beneficio di un modello definitivo di stampo prettamente burlesco.
Una nota particolare va riservata al M° Terenzio Zardini, cui sono attribuiti i nove decimi delle elaborazioni corali dei canti della collana. Il padre francescano, docente al Conservatorio di Verona e da sempre collaboratore della Brigata mantovana, ha il merito grandissimo di aver capito lo spirito popolare delle lezioni e la necessità di non snaturarne l’intima essenza. Così, sottolineando gli aspetti più significativi, drammatici e umani, attraverso ricercatezze e abbellimenti armonici, e nulla togliendo del sapore originale dei componimenti, ne ha esaltato l’immagine con tratti di cultura rinascimentale, romantica e melodrammatica. I suoi interventi, alla fine, sono risultati decisivi nel far vibrare il coro a guisa di orchestra, favorendo nell’esecuzione l’aspetto dialogico nel contesto di una situazione corale che molto spazio concede al perfezionismo artistico e all’espressività narrativa.
GIANCARLO GOZZI

FACCIATA A

1 LA TOR DAL SÜCAR canzone dialettale mantovana
Testo di Bruno Bonora; melodia di Emilio De Giovanni Elaboraz. per coro (B.C.3.L.) di Terenzio Zardini.
2 PRIMAVERA MANTOANA
Testo di Enrica Canneti; musica di Giordano Fermi.

FACCIATA B

1 IER SERA T’HO VIST
Testo di Bruno Bonora; melodia di Luigi Lombardi Elaboraz. per coro (B.C.3.L.) di Terenzio Zardini.
2 VEGN SO LA SERA
Testo di Alfredo Facchini, musica di Rinaldo Rossi
Direttore: Luigi GUERNELLI

LA TOR DAL SUCAR

Dieci anni … La rinascita della musica folcloristica rappresenta ai nostri giorni un caso clamoroso, e anche consolante, nelle vicende della conoscenza, del gusto e dell’amore per la poesia e per le tradizioni popolari.

La Brigata Corale 3 Laghi, che da sempre impegna le sue forze nel recupero del patrimonio etnomusicologico delle generazioni passate, ha accettato felicemente, nel suo decimo anno di fondazione, di interpretare quattro tra le melodie moderne più conosciute e amate dalla gente mantovana. La genuinità e la freschezza d’ispirazione dei canti scelti fanno onore alla bellezza della terra virgiliana e ne mettono in piena luce gli aspetti meno inquinati e meno sofisticati. GIANCARLO GOZZI

LA MINCIOMARCIA

Ricordo perfettamente la prima edizione (1972) della Minciomarcia che dal Bosco Virgiliano si snodava sino a Pietole per luoghi cari alla nostra infanzia e ai ricordi del grande poeta della latinità.
Eravamo non più di centocinquanta. Giovani e anziani che credendo nello spirito del “camminare insieme” in difesa della natura avevamo anticipato “austerità” e le migliaia di gare non competitive che di lì a poco avrebbero goduto di vasta popolarità e risonanza. Sono bastate poi due edizioni per fare “esplodere” la Minciomarcia in un crescendo geometrico.
I “quindici chilometri di primavera” sono divenuti un appuntamento della città. Per chi vi partecipa, per chi vi assiste. Una manifestazione corale e strapaesana che ha il grande pregio di non umiliare nessuno e di esaltare lo sforzo generoso di tanti. Luigi Giovetti ed Emilio De Giovanni hanno tratto ispirazione per una canzone che ha colto il senso della Minciomarcia e ricorderà soprattutto ai partecipanti l’atmosfera e la spontaneità della manifestazione. La città a mio nome, è loro grata e sull’onda di questa musica ben cinquemila cammineremo nella fresca mattinata dell’aprile 1975.
Gianni Usvardi Sindaco di Mantova

PRESIDENTE DELLA BRIGATA

Stefano Guernelli nasce a Mantova nel 1959.
Dal 1978 svolge l’attività, tramandata dal nonno paterno, di accordatore di pianoforti…

DIRETTORE ARTISTICO

Maurizio Giovanelli, nato a Mantova nel 1962, fa parte stabilmente della Brigata Corale 3 Laghi dal 1981, cantando nella Sezione dei Tenori Secondi.

CONSIGLIO DIRETTIVO

Guernelli Stefano (Presidente)
Bruschi Paola (Vicepresidente)      Bringhenti Vanni (Segretario Tesoriere)
Sacchi Gianni (manutenzione sede)
Papa Maria Rosa (servizio informatico)
Furgeri Vasco (archivio spartiti)
Saccani Massimo (relazioni stampa)